La Corte di Giustizia dell’Unione Europea apre uno spiraglio per il recupero dell’IVA in caso di mancato pagamento della fattura da parte del cliente.
Con una recente sentenza del 15/10/2020 ha statuito il principio che i singoli Stati membri non possono condizionare in modo “sproporzionato” e in violazione della “neutralità fiscale” il recupero dell’IVA non riscossa per mancato pagamento se l’emittente la fattura ha provveduto al versamento dell’imposta o comunque si è reso debitore nelle dichiarazioni IVA.
I Giudici della Comunità europea hanno anche ribadito il principio che è compito del Giudice nazionale disapplicare le norme interne di ostacolo al recupero dell’IVA non pagata.
L’effetto, anche in Italia, di detta importante pronuncia giurisprudenziale è che tra soggetti IVA:
1) chi emette fattura deve sempre poter recuperare l’IVA di cui si è reso debitore verso lo Stato in tempi certi;
2) chi riceve fattura e detrae l’IVA, deve rettificare a favore dell’erario la detrazione in caso di mancato pagamento.
La normativa in vigore in Italia, -art. 26, comma 2 del DPR 633/72-, così recita:
“ per mancato pagamento in tutto o in parte a causa di procedure concorsuali o di procedure esecutive individuali rimaste infruttuose o a seguito di un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell’articolo 182-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, ovvero di un piano attestato ai sensi dell’articolo 67, terzo comma, lettera d), del medesimo regio decreto n. 267 del 1942, pubblicato nel registro delle imprese o in conseguenza dell’applicazione di abbuoni o sconti previsti contrattualmente, il cedente del bene o prestatore del servizio ha diritto di portare in detrazione ai sensi dell’articolo 19 l’imposta corrispondente alla variazione, registrandola a norma dell’articolo 25.”
La superiore disposizione è stata già giudicata “sproporzionata” dalla Corte di Giustizia, con apposita pronuncia nel 2017 , nel caso la condizione della chiusura della procedura concorsuale si realizzi dopo parecchi anni, (ndr: il che è di prassi costante in Italia, specie al Sud).
In tal caso, all’evidenza, l’imprenditore è chiaramente esposto a subire uno svantaggio finanziario, che può essere notevole, rispetto al suo concorrente in altri Stati membri, o in Italia da Regione a Regione, se non addirittura da Tribunale a Tribunale. E questo è chiaramente contrario all’obiettivo comunitario di armonizzazione fiscale perseguito dalla Direttiva UE.
Infine, la normativa italiana non rispetta il principio della neutralità fiscale dell’imposta nei rapporti tra soggetti IVA, -voluto dalla Direttiva UE n. 2006/112/CE, art. 90-, nel caso in cui si interrompe la sequenza IVA-da IVA, appunto per mancato pagamento della fattura da parte del cessionario dei beni o del committente i servizi.