La Golden Share, ossia il diritto-potere riservato allo Stato e agli Enti pubblici di nominare amministratori e sindaci in Spa,  in Italia non esiste più in ossequio all’art. 56 del Trattato UE che statuisce il principio della libera circolazione dei capitali.

Principio generale della riforma del diritto societario,  in vigore dal 2004, è che tutto quanto non previsto è ammesso, se lo statuto lo prevede. Per il rispetto di tale principio il D.lgs 6/2003 aveva introdotto nel codice civile l’art. 2450 (già art. 2459 ante riforma)  secondo cui se la legge o lo statuto lo prevedono lo Stato e gli Enti pubblici, possono, anche in mancanza di partecipazione azionaria nominare uno o più amministratori o sindaci e, qualora uno o più sindaci è nominato dallo Stato, il presidente del collegio sindacale deve essere scelto tra essi.

Ma tale articolo 2450 ha avuto vita breve. Alla sua entrata in vigore, l’Unione Europea ha subito aperto presso la Corte di Giustizia Europea una procedura d’infrazione a carico dello Stato italiano per violazione del principio della  libera circolazione dei capitali.
Il Governo italiano al fine di evitare il procedimento di infrazione, con il Dl  n. 10 del 15/02/2007 art. 3 c. 1, convertito, con modificazioni, nella legge 6/04/2007, n. 46, abroga l’art. 2450 e riformula, successivamente,  l’art. 2449 che disciplina in modo nuovo e tuttora in vigore,  il potere di nomina dello Stato e degli Enti pubblici (quali  Ministero del Tesoro, ANAS e i novelli Consorzi autostradali regionali), ma solo ed esclusivamente in caso di possesso di partecipazioni azionarie.

L’attuale situazione giuridica è quindi la seguente e parte proprio dal  nuovo art.  2449, per come sostituito dall’art. 13, comma 1, legge 25/02/2008, n. 34, che  recita: “se lo Stato o gli Enti pubblici hanno partecipazioni in una società per azioni che non fa ricorso al capitale di rischio, lo statuto può ad essi conferire la facoltà di nominare un numero di amministratori e sindaci proporzionale alla partecipazione al capitale sociale”.

Si aggiunga che l’articolo 2450 è stato abrogato perchè contrario a quanto previsto dall’art. 56 del Trattato della CE relativo alla libera circolazione dei capitali. E nella Relazione alla legge abrogativa si sottolinea che: “l’art. 2450 appare in palese contrasto con la normativa comunitaria, caratterizzato com’è dall’attribuzione a soggetti pubblici della possibilità di ingerirsi nella gestione e nel controllo di società di cui non sono neppure soci”.  Di conseguenza sono da ritenersi privi di forza giuridica le leggi nazionali e gli statuti societari che danno ancora allo Stato ed agli Enti pubblici il diritto-potere di  nomina in modo non proporzionale alle azioni possedute. E tra essi si cita la legge numero 287 del 28/04/1971, rubricata “Modifiche ed integrazioni all’attuale legislazione autostradale” che all’art. 3 c. 2 recita: “In detta convenzione saranno indicati i casi in cui potranno essere apportati  adeguamenti tariffari durante il periodo di concessione  ed i criteri per la loro determinazione.  In essa dovra’, altresi’, prevedersi:
1)   che   gli   enti  concessionari debbano  avere  come  scopo esclusivamente   la   costruzione   e  l’esercizio delle  autostrade assentite in concessione, salva la facolta’ di partecipazioni in enti aventi fini analoghi;
2)  che  facciano parte del collegio sindacale o dei revisori dei conti  degli  enti  concessionari  un  funzionario  del Ministero del tesoro, che ne assume la presidenza, ed uno dell’ANAS”.

La fattispecie prevista dal superiore punto 2 non è più applicabile neppure “nel caso in cui gli statuti non vengano modificati in senso conforme alla nuova disposizione…. Si deve ritenere…che la soluzione preferibile sia quella della radicale nullità delle clausole che continuassero a prevedere in favore dello Stato o degli enti pubblici poteri di nomina diretta.” (Federico Ghezzi -Marco Ventoruzzo in “La nuova disciplina delle partecipazioni dello Stato e degli enti pubblici nel capitale delle società per azioni: fine di un privilegio ?”)

Per completezza di argomento si ricorda che l’art. 2364 statuisce che “’l’assemblea ordinaria nomina e revoca gli amministratori, nomina i sindaci ed il presidente del collegio sindacale”.

E’ chiaro quindi che tutti gli atti, patti, accordi, contratti, convenzioni che violano il disposto del novellato art. 2449 cc sono illegittimi, ossia fuorilegge.
Tale violazione può comportare sanzioni indirette pesantissime, quali l’inesistenza dell’organo irregolarmente nominato che a sua volta può generare una causa di scioglimento della società.

Da quanto sopra, si deduce che il codice: a) riserva all’assemblea la nomina di amministratori e sindaci e cio’ , appunto perchè previsto, non può essere derogato dallo statuto; b) ai sensi dell’art. 2449, solo nel caso in cui lo Stato e gli Enti pubblici hanno partecipazioni in una società per azioni non quotata, lo statuto può ad essi conferire la facoltà di nominare un numero di amministratori e sindaci proporzionale al capitale sociale.

Infine, i recenti impegni sulle liberalizzazioni del governo Monti, anche se rinviati, come da odierne notizie di stampa, fanno prevedere la fine imminente della Golden Share anche per le società quotate, tranne quelle in settori strategici (militari e salute),  finora sopravvissuta solo e soltanto mediante l’utilizzo delle opzioni concesse dall’art. 2346 cc.