Nell’ambito di un’operazione commerciale tra una società italiana ed una società estera, quando i beni esportati all’estero (territori extra-UE) sono restituiti al fornitore italiano  possono verificarsi due scenari:

  1. Retro-cessione, ex novo, tra il Cliente estero e il fornitore, soggetto residente in Italia. In questo caso i beni, all’atto della reintroduzione nel territorio comunitario, saranno assoggettati, oltre all’IVA, nuovamente ai dazi doganali. Il Fornitore, se non è previsto diversamente tra le parti, è tenuto al pagamento dei dazi in dogana e di conseguenza resta inciso dal relativo costo;
  2. Reintroduzione in franchigia. In questo caso, se rispettati i requisiti di Legge,non sono applicati nè i dazi in dogana nè l’IVA.

La procedura della reintroduzione in franchigia è regolata dal codice doganale, secondo cui è possibile reintrodurre la merce, in precedenza esportata, senza il pagamento di dazi, cd “reintroduzione in franchigia”.
L’art. 130 del Regolamento 450/2008/CE stabilisce alcune condizioni:
– Le reintroduzione deve avvenire entro tre anni (termine non perentorio) dall’esportazione;
– Le merci devono trovarsi, alla reintroduzione, nello stesso stato in cui sono state esportate;
– La reintroduzione in franchigia deve essere richiesta su istanza al competente ufficio doganale dallo stesso soggetto che aveva effettuato l’esportazione.

E’ importante allegare all’istanza tutta la documentazione comprovante la precedente esportazione (es. bolla di esportazione). Inoltre è opportuno allegare anche la “dichiarazione di esportazione” che è stata consegnata all’esportatore dall’autorità doganale o copia di tale documento certificata conforme dalla predetta autorità.
In sintesi, il soggetto italiano deve fornire la prova che l’identità della merce esportata sia la stessa di quella reimportata.

Infine ai fini IVA, l’art. 68, comma 1, lett. d) del Dpr 633/72 riconosce il non assoggettamento all’imposta sulla reintroduzione di beni precedentemente esportati, se rispettate le condizioni su esposte.